I geroglifici egiziani

I primi reperti relativi alla scrittura egiziana risalgono a circa il 3100 a.C., e sono delle iscrizioni funebri. Per gli antichi egizi la scrittura era importantissima e aveva connotazioni religiose; geroglifico significa infatti “incisione sacra”. I geroglifici sono segni che servono a rappresentare oggetti, idee, ma anche suoni e funzioni grammaticali come gli articoli; ci sono delle analogie con la struttura ‘a rebus’ del cuneiforme.

Ciò che colpisce di questa forma di scrittura è il forte legame con la pittura; infatti la componente estetica è molto importante, tanto che la disposizione dei geroglifici non segue delle vere e proprie norme, ma piuttosto viene stabilita di volta in volta dallo scriba; egli cerca di dare all’insieme un aspetto gradevole e armonioso, seguendo il suo gusto e la sua fantasia. Anche l’orientamento del testo ne risente: nella maggior parte dei casi si va da destra a sinistra, ma non si tratta di una regola. Ci sono casi in cui la scrittura ha un andamento bustrofedico, ovvero una riga va letta da destra a sinistra, mentre quella dopo da sinistra a destra; altre volte si va dal basso verso l’alto, o dal basso verso l’alto.

parete con geroglifici egiziani
1. Geroglifici, Museo Egizio di Torino.

Man mano che la scrittura diventava sempre più diffusa e praticata, dai geroglifici si svilupparono due varietà più moderne e sbrigative: lo ieratico, usato dalla casta sacerdotale; il demotico, forma più popolare e derivata a sua volta dallo ieratico. I geroglifici, però, non sparirono: continuarono ad essere usati per le iscrizioni monumentali. Sia lo ieratico che il demotico venivano scritti da destra a sinistra, in orizzontale, e in genere si usavano su papiro. Lo ieratico era simile al geroglifico, ma i segni erano molto più semplici, meno figurativi; il demotico, invece, era ancora più semplificato; spesso un segno del demotico sintetizzava più segni dello ieratico (una specie di stenografia, se vogliamo).

Il papiro, pianta molto diffusa nelle paludi del Nilo, era cosiderata sacra dagli egiziani; tramite opportuna lavorazione, se ne ricavava un buon supporto per la scrittura. Per ottenere i fogli si usava il gambo della pianta, che veniva ripulito dalla pelle verde e tagliato a strisce sottili; esse venivano poste una accanto all’altra, in più strati, alternando l’orientamento; dopodiché il tutto veniva avvolto in un panno e pestato ben bene, in maniera che fuoriuscisse il succo zuccherino; il foglio veniva poi posto sotto una pressa, e asciugato al sole; a quel punto era pronto per la scrittura. L’importanza del papiro è testimoniata dal fatto che ancora oggi molte lingue europee ne conserivino la radice etimologica in parole come ‘paper’ (inglese) o ‘papier’ (francese).

papiro egiziano con geroglifici
2. Un foglio di papiro, Museo Egizio di Torino.
statua di scriba egiziano seduto
3. Lo scriba seduto, Museo del Louvre.

Lo scriba era la persona preposta all’arte della scrittura: era un mestiere molto ambito, ma molto difficile e richiedeva una lunga formazione. La prima forma che lo scriba imparava era lo ieratico; solo i più dotati passavano ad imparare il geroglifico. Lo scriba aveva un suo ‘kit di scrittura‘: una tavoletta con degli incavi che servivano a contenere l’inchiostro in pasta, quello nero (ricavato dal carbone) e quello rosso (ricavato dall’ocra);  una boccetta d’acqua, e uno stilo di canna che fungeva da pennellino. Lo scriba, seduto a gambe incrociate, teneva il rotolo di papiro sul grembo; quando doveva scrivere, intingeva la canna nell’acqua, poi inumidiva  un pochino l’inchiostro nella tavoletta, e infine scriveva sul papiro.

Dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno (332 a.C.), l’alfabeto greco divenne il più diffuso, tuttavia i geroglifici continuarono ad esistere. In età cristiana si diffuse invece il copto, una forma di scrittura basata sull’alfabeto greco, arricchito da alcuni segni del demotico che servivano a rappresentare certi suoni propri della lingua egiziana. I geroglifici divennero a quel punto sempre più rari, fino ad estinguersi completamente.

stele di roseta
4. Stele di Roseta, British Museum.

Nei secoli molti cercarono, senza successo, di decifrare gli antichi geroglifici; nel 1799, però, quando Napoleone invase l’Egitto, venne ritrovato un importantissimo reperto, la stele di Roseta: essa è una lastra di basalto nero con un testo scritto in tre modi: geroglifico, demotico e greco. Le intuizioni di Thomas Young e, successivamente, di Jean-François Champollion aprirono finalmente la strada alla decifrazione della lingua misteriosa.

Fonti:

http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/Egiziani/lingua.html

http://www.anticoegitto.net/scriba.htm

Immagini: 1 Flickr; 2 Wikipedia; 3 Wikimedia; 4 Wikipedia.

Questo articolo fa parte della serie dedicata alla Storia della scrittura.

2 Risposte a “I geroglifici egiziani”

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